venerdì 5 dicembre 2025

Morti di freddo e di stenti in FVG: dolore, vergogna, indignazione

 

Mentre il periodo di Natale accende città e paesi di luci e di suoni, quattro persone sono morte di freddo e di stenti in Friuli Venezia Giulia.

Sono migranti, provengono da luoghi del mondo dove infuriano la guerra e la fame. Come Gesù bambino, non trovano posto negli "alberghi" e devono accontentarsi di casolari fatiscenti esposti al vento, alla pioggia e alle intemperie.

Questa situazione va avanti da anni, sottolineata grottescamente da amministratori in-coscienti (o forse molto coscienti) che si vantano di aver "ripulito" piazze, gallerie, parcheggi sotterranei. A volte addirittura arrivano a fomentare l'odio contro questi fratelli, negando il diritto alla loro cultura e spiritualità.

Se i quattro sono quattro - ma ognuno di loro è un essere umano, portatore di emozioni, speranze, attese, sacrifici immani vanificati dalla porta dell'opulenza chiusa in faccia - è perché centinaia di volontari si sono ribellati. Sono loro che ogni notte ricevono i reduci dalla rotta balcanica, li curano amorevolmente, fanno salti mortali per procurare cibo e coperte. Senza di loro i disagi sarebbero ancora più grandi, universali e i caduti di questa guerra a senso unico sarebbero migliaia. E questi angeli di umanità sono costretti a subire lo scherno di chi ha l'autorità per intervenire, individuando scelte, risorse e percorsi che non siano limitati a spostare le persone come se fossero pacchi postali. Quella che ancora qualcuno chiama emergenza - dopo più di un decennio - è, nel migliore dei casi, incapacità di intendere e volere.

La vergogna ci coinvolge tutti, siamo comunque parte di questo sistema che privilegia i ricchi e affossa i poveri. Il dolore delle vittime penetra a fatica tra presepi luccicanti che alcuni vorrebbero imposti dalla legge e alberi multicolori. L'indignazione è grande, ma che fare?

Anche se voi vi credete assolti, siete lo stesso coinvolti - ci sbatteva in faccia un tempo Fabrizio de Andrè. Sì, perchè l'indignazione non è soltanto un grido assolutamente indispensabile contro chi governa e amministra chiudendo gli occhi davanti a ciò che sta accadendo. E' anch un impegno personale affinché nel proprio piccolo ognuno possa operare per costruire un'umanità davvero senza confini, dove l'essere parte della famiglia umana venga prima e valorizzi la diversità di lingua, cultura e religione.

Altrimenti, anche i droni proiettati nel cielo, i fuochi d'artificio di fine anno, le feste goriziane per la fine della capitale della cultura... se non segneranno lì'inizio della Capitale dell'accoglienza e della pace, svaniranno in un'eco di sottile ipocrisia.

sabato 29 novembre 2025

Žižek all'Epicenter, uno dei punti più elevati dell'Evropska Prestolnica Kulture

Slavoj Žižek è una di quelle persone che staresti ad ascoltare ininterrottamente per un giorno intero. All'Epicenter, la sera di venerdì 28 novembre, ha incantato i presenti che lo hanno ascoltato, seguendolo con il fiato sospeso nel suo impetuoso intervento. E' un vero fiume in piena, inarrestabile e incontenibile. 

Ed è anche uno di quei personaggi dei quali non riusciresti mai a dare una definizione e neppure a inquadrare in uno schema logico e organico. Ciò non dipende dalla mancanza di chiarezza, ma dall'incredibile capacità di comunicare un flusso ininterrotto di inesauribili concetti attraverso un linguaggio coinvolgente e accattivante.

Insomma, cosa ha detto di tanto importante? E' difficile dirlo, si ha come la sensazione di ascoltare un gigante della comunicazione e di non volerlo restringere dentro gli angusti meandri della propria sempre limitata comprensione. Comunque, qualche punto in movimento di uno dei più importanti pensatori del mondo attuale, è possibile individuarlo.

Straordinaria è l'analisi del presente, con una critica intensa alla sinistra planetaria che ha abbandonato i suoi temi fondamentali, regalando lo spazio del populismo alla destra più estrema. Certo, sorprende sentir definire Trump un figlio del Sessantotto, come pure riportare il fascismo in una sfera ben più ampia di quella nella quale la storia moderna lo abbia rinchiuso. Colpisce il rispetto nei confronti dell'esperienza di ogni religione, ma anche la chiarezza nell'indicazione della necessità di un suo superamento. Al di là della simpatica esemplificazione, c'è un'immensa apertura filosofica nella lettura paradossale dell'Inferno dantesco, là dove sempre accade qualcosa di interessante, se paragonato alla noiosità dell'eterno ripetersi della beatitudine del Paradiso. Terribile il richiamo ai luoghi della sofferenza più eclatante del Pianeta, le guerre in Gaza, in Ucraina, in Sudan, in Eritrea, ma anche alle lande sconosciute dove le mafie internazionali avviliscono la stessa idea di homo sapiens. A ogni finestra aperta sul disastro del crepuscolo del capitalismo, corrisponde una permanente domanda: e adesso? Che cosa ci aspetta? Che cosa possiamo fare? Più difficile trovare nelle risposte operative, costruttive di Žižek  la stessa lucida coerenza logica con la quale si pone e offre ai suoi uditori gli interrogativi e le analisi. Assai interessante la conclusione, totalmente controcorrente: l'assunzione del coraggio della di-sperazione come necessità e condizione per un'operatività rivoluzionaria. Come dire che la speranza tranquillizza e inibisce, la sua mancanza, lungi dall'essere distruttiva, costringe a uscire allo scoperto e a trasformare l'inerzia in azione. Si procede e si influenza un cambiamento, della portata e dell'orizzonte del quale tuttavia nessuno ha ancora piena consapevolezza. La crisi - scriveva nel 1930 Antonio Gramsci, citato dal filosofo sloveno - consiste appunto nel fatto che il vecchio muore e il nuovo non può nascere. E in questo interregno si verificano i fenomeni morbosi più svariati.

Sì, c'è tanto, ma tanto altro. Non resta che ritagliare del tempo per meditare, per pensare e per agire. Perché - questo è un mio personale punto di vista - senza una profonda rivalutazione della filosofia, non potrà accadere nulla di buono nel Mondo!

mercoledì 26 novembre 2025

Epic, una grande cosa!


Una delle sale espositive
Il centro EPIC, realizzato nel capannone delle ferrovie slovene presso la stazione della Transalpina, è uno straordinario gioiello. Si tratta di un percorso espositivo che consente di rivivere sensazioni, emozioni, drammi, visioni, speranze che hanno caratterizzato il XX secolo e che hanno trovato il loro compimento in Nova Gorica con Gorizia capitale europea della cultura.

Sì, l'inaugurazione di stasera è stata veramente straordinaria. Molte iniziative, proposte e azioni del 2025 si sono celebrate e concluse, mentre il Museo del Novecento si propone come un permanente luogo di formazione, conoscenza, analisi, ma anche di incontro e amicizia fra le persone e le comunità che vivono nella parte antica e nella parte nuova di "Gorici".

Il viaggio nel secolo breve - o "lungo" come molti amano definirlo - è reso possibile da video illustrativi, testimonianze, racconti di vita, opere d'arte, fotografie d'epoca, istallazioni, spazi suggestivi. E' una descrizione impressionante di come un territorio segnato da due guerre mondiali e da divisioni generate dal razzismo e dai totalitarismi, sia diventato un segnale per l'intera Europa e anche per il mondo nel suo insieme, di quanto sia possibile costruire insieme un'unione profonda tra diverse lingue, culture e storie di vita.

Kaja Širok (foto Nevio Costanzo)

Nel giorno dell'inaugurazione è stata senz'altro protagonista la curatrice, Kaja Širok, che ha voluto ringraziare tutte e tutti coloro che hanno collaborato con lei per raggiungere il prestigioso ma anche assai laborioso obiettivo. Ha sottolineato come l'apertura di un simile spazio offra di fatto a tutti gli abitanti del territorio un'occasione irripetibile di conoscenza e di maggior radicamento nella convinzione della grandezza del progetto che li coinvolge. Inoltre chi viene da lontano, può trovare nell'EPIC un'illustrazione sintetica ed efficace del significativo processo che ha condotto una terra insanguinata dai conflitti a immaginarsi come un laboratorio di giustizia e pace in tutto il mondo. Gli spazi espositivi non sono del tutto completati. Il cammino non termina con lo specchio che consente di guardare al passato contemplando il presente, ma prosegue con l'apporto di ogni cittadina e cittadino che possono portare ricordi, simboli, oggetti di vita quotidiana che abbiano rappresentato qualcosa di significativo per le persone e per l'intera comunità. Da notare che il primo di questi oggetti "musealizzati" è una macchina da scrivere Lettera 35, sulla quale è collocato il numero 1 della rivista Isonzo Soča, pubblicato nel lontano 1983: un piccolo omaggio a Dario Stasi, giornalista pioniere della convivenza tra popoli e culture.

Gran folla all'inaugurazione 

Anche il contesto dell'inaugurazione è stato significativo. C'era tanta gente e, sia pure in forma numericamente meno eclatante, si è ripetuto il miracolo dell'8 febbraio. Non si sono percepite più distinzioni o barriere, ci si è sentiti uniti in un'autentica festa dell'amicizia e della Cultura (con la C maiuscola). Nei discorsi di Peter Szabo, del sindaco Turel, del Segretario di Stato alla Cultura Marko Rusjan, della direttrice di Zavod Mija Lorbek, della stessa Kaja, si è percepita la soddisfazione di aver raggiunto un traguardo importante, ma da tutti coloro che sono stati presenti si è avuta piena coscienza del fatto che questa inaugurazione non è stata la fine, ma il nuovo inizio di un grande cammino. Hvala vsem, grazie di tutto cuore...

lunedì 24 novembre 2025

Il referendum in Slovenia

Il Triglav, da Sveta Gora
Domenica 23 novembre c'è stato un importante referendum in Slovenia. Un anno e mezzo fa, una consultazione orientativa aveva invitato il Governo a proporre e approvare una legge sull'assistenza medica volontaria al fine vita. Ora, nel novembre 2025, la stessa normativa voluta dai cittadini è stata di fatto abrogata dal 53% degli aventi diritto al voto. Sono stati circa il 40,3% i votanti, molto al di sopra del quorum stabilito per la validità, fissato al 20%.

C’è stata un’evidente e inevitabile politicizzazione della campagna, tenuto conto dell’ormai prossima scadenza elettorale che determinerà il rinnovo delle cariche governative, parlamentari e degli enti amministrativi. Il centro destra e la destra hanno approfittato dell’occasione, per infliggere alla presidenza Golob – ovviamente favorevole alla legge da essa stessa caldeggiata – un’oggettiva sconfitta e per realizzare una specie di censimento numerico relativo all’attuale consenso. Tuttavia lo schieramento partitico mai avrebbe potuto raggiungere il successo, senza il sostegno capillare della Chiesa cattolica che in ogni circostanza ha invitato praticanti e non praticanti a porre la crocetta sul NO stampato sulla scheda elettorale. C'è da aggiungere come la tornata referendaria sia stata sostanzialmente sottovalutata da parte del centro sinistra e della sinistra, in parte assenti durante l'intera campagna. 

I commenti dei “vincitori” - tra essi molti vescovi, sacerdoti e fedeli cattolici – hanno sottolineato cha la vita è un dono che deve essere tutelato in qualsiasi momento e in ogni contesto, rinviando essenzialmente alle cure palliative l’accompagnamento del malato – in situazione di dolore irreversibile e insostenibile - verso l’ultima fase dell’esistenza.

Di parere opposto i sostenitori della legge, secondo i quali ogni essere umano – libero e senziente – ha il diritto di decidere di porre fine alla sua esistenza in modo dignitoso e medicalmente assistito, nel momento in cui risulti intollerabile il proseguimento del suo cammino di sofferenza. 

E' un tema delicato e difficile. Tuttavia, tra le tante possibili, due osservazioni si propongono alla discussione. La prima: non esistono leggi che considerino un reato il suicidio, tanto che i tentativi non riusciti non portano nessuna incriminazione e neppure di conseguenza una pena. Impedire il suicidio medicalmente assistito non significa forse rendere impossibile per legge (a chi non lo può oggettivamente fare), lo stesso atto che in ogni caso la medesima legge non vieta? La seconda: l'affermazione secondo la quale la vita è un dono di Dio e soltanto Dio sarebbe autorizzato a disporne, oltre a generare molte perplessità di ordine teologico, non giustifica l'obbligo ad accogliere tale "dono", nel momento in cui esso non sia bene accetto, tanto più quando l'interessato non si riconosca in una prospettiva di fede cattolica.

Non sarebbe più semplice lasciare la libertà di scelta al soggetto, nel quadro di determinate condizioni, senza obbligare nessuno a portare avanti a oltranza una vita da egli stesso ritenuta intollerabile?

lunedì 17 novembre 2025

Una giornata particolare

Quirin Kuhner. E' il nome di una persona che non potremo mai più dimenticare. Ha perso la sua vita cercando di mettere in salvo un'altra persona - Guerrina Skocaj - purtroppo anch'essa ritrovata successivamentte sotto le macerie della casa crollata a Brazzano. 

E' stata una giornata terribile oggi, per il Goriziano e per la Bassa Friulana. Versa totalmente allagata, con lo Judrio che scorreva lungo la strada principale e le viuzze secondarie, tanti altri paesi messi in ginocchio da un'ondata di maltempo che ormai purtroppo non può più definirsi eccezionale.

Ci sarà molto da discutere nelle prossime settimane, affinché ciò che è stato non sia mai più. Si dovrà parlare di argini colabrodo, "garantiti" per secoli dopo le inondazioni precedenti, di allerte della Protezione Civile poco tempestive e azzeccate, di colline che tracollano da un giorno all'altro "senza apparenti previi segni di cedimento" (in realtà quell'altura era già stata protagonista di frane in passato, nel versante verso il fiume e i residenti avevano più volte segnalato la situazione di pericolo idrogeologico, soprattutto dopo recenti opere di disboscamento). 

Ma ci sarà anche tanto da ricordare di meraviglioso, la solidarietà unanime, l'impegno competente di Protezione Civile, Vigili del Fuoco, Forze dell'Ordine e istituzioni, cittadine e cittadini mobilitati all'unisono nel portare talmente tanti aiuti, da aver risposto alle necessità immediate nel giro di una manciata di ore.

Per il momento non resta che trepidare per la sorte dell'ultima persona dispersa, esprimere vicinanza a chi è stato colpito dall'alluvione e che da domani dovrà constatare i danni ingenti. 

Ma insieme a tanta tristezza, è da guardare con immensa riconoscenza al giovane Quirin. In un mondo votato alla violenza, il suo è stato un infinito gesto di fraternità e di pace. Nessuno ha un amore più grande di chi dona la vita per le sue sorelle e i suoi fratelli nell'umanità. Un eroismo semplice, della porta accanto si potrebbe dire, non cancella il dolore per la perdita e la sensazione di assurdità di una simile morte. Apre comunque uno spiraglio di luce e di speranza sulla possibilità che prima o poi possa instaurarsi la civiltà dell'amore.

domenica 16 novembre 2025

La necessità di una nuova stagione politica

Cosa è la sinistra, cosa è la destra? Cantava Giorgio Gaber.

E la sue domande sono più che mai attuali, constatando che ormai ogni elezione non viene vinta dalla sinistra o dalla destra, bensì - e quasi sempre con maggioranza assoluta - dall'astensione.

L'evidente segnale di crisi di questa fase della democrazia liberale, riduce ogni competizione elettorale a una specie di gioco, dove pochissime persone cercano di conquistare posizioni di prestigio. Una volta raggiunto l'obiettivo, i fortunati - nel caso di parlamentari e consiglieri regionali - ricevono stipendi e privilegi da capogiro che li innalzano talmente tanto rispetto alla situazione ordinaria delle famiglie, da far dimenticare in pochi istanti la propria precedente condizione. O anche no, dal momento che una buona parte dei prescelti arriva alla cosiddetta politica attiva avendo già in tasca emolumenti astronomici.

A parte questo, la disaffezione al voto ha radici profonde. 

C'è chi, consapevolmente, non si ritiene rappresentato da nessuno dei protagonisti del teatrino e spera che un maggior impegno nella società civile possa contribuire a migliorare la situazione. Si ritiene - spesso a ragione - che un'eroica dedizione al bene e ai beni comuni, possa essere realizzata più fuori che dentro le tradizionali istituzioni della democrazia rappresentativa. Ma anche qua ci si riferisce a una sparuta minoranza di persone, particolarmente sensibile alla crescita complessiva dela società.

La stragrande maggioranza dei cittadini, in realtà, non sembra avere una specifica idea politica. O meglio, l'ideale è quello di "stare in pace", di salvaguardare quello status grazie al quale si può trascorrere una normale esistenza, senza scossoni e soprattutto "in sicurezza". Forse un 20% degli italiani combatte con convinzione per un valore rappresentato dalle attuali cosiddette "destra" e "sinistra". Tutti gli altri - votanti o non votanti - si affidano al caso, i primi facendo finta di credere alle promesse delle campagne elettorali, i secondi affidandosi alla sorte. In nome di questa pretesa "sicurezza", nel ventennio ci si è affidati a chi ha trascinato l'Italia alla dittatura e alla catastrofe, poi si è accettato per quarant'anni l'ingessamento del potere democristiano e ora il tracimante berlusconismo filoatlantico.

"Meglio così che peggio" - sembra affermare, un po' sconsolato, il cittadino che vorrebbe starsene tranquillo, con un discreto lavoro, qualche spicciolo per farsi una vacanza e il desiderio di godersi la famiglia. Mentre lui pensa così, grandi ombre si stendono sul mondo. Sente ancora lontana l'eco dei bombardamenti, non vede il sangue dei genocidi se non nelle effimere immagini della tv, ha paura del radicale cambiamento culturale che sta accadendo sotto i suoi occhi e fa finta di credere che il governo di turno sappia difenderlo.

Come scuotere un simile rammollimento, indotto prima dall'esplosione del fenomeno delle televisioni private, poi anche dall'uso spregiudicato e fondamentalmente incontrollabile delle tecnologie informatiche?

Forse una strada - con risultati non a brevissimo, ma almeno a medio tempo - potrebbe essere quello del recupero di una sorta di "serietà antropologica". Agli ignobili e imbarazzanti balletti della premier, ma anche a quelli della cosiddetta opposizione, occorre sostituire un ritorno delle idee e della cultura, come fondamento di ogni azione sociale e politica. Alle chiusure mentali di chi quando giunge al governo si inchina senza pudore alle mire di Potere dei capetti di un'Unione europea dimentica del manifesto di Ventotene e del padrino che abita la Casa Bianca, è necessario sostituire un efficace, concreto programma. Esso deve essere in grado di mettere al centro degli interessi - in realtà e non a parole - la persona, nel contesto sociale e ambientale in cui vive. E perché ciò si possa realizzare, deve urgentemente ritrovare il proprio posto la grande assente dal dibattito sul Potere, ovvero una Filosofia capace di proporre una nuova sintesi globale, impregnata delle sue acquisizioni raccolte nel cosiddetti Oriente e Occidente, come pure nel Nord e nel Sud del mondo.

In altre parole, mutatis mutandis, si deve recuperare ciò che c'è stato di buono nelle prospettive dell'Ottocento quando, analizzando la crescita del Capitalismo, se ne erano individuati i limiti e i pericoli. L'idea di uguaglianza nella dignità di ogni essere umano, l'internazionalismo contro ogni sovranismo, la prospettiva della fine di tutte le guerre attraverso il superamento delle terribili ingiustizie sociali che attanagliano tuttora il mondo, la libera circolazione delle persone prima di quella delle merci, il dialogo e l'incontro tra le diverse religioni e concezioni della vita, il rispetto per l'ambiente vitale nell'epoca del riscaldamento globale, la politica con la P maiuscola intesa esclusivamente come servizio e non come volano per imporre i propri interessi... Tutto questo, può ancora essere ripreso e riproposto, accompagnato dalla costruzione di un diritto condiviso, garantito dalle grandi linee della nostra bella Costituzione? 

La democrazia rappresentativa può ancora essere il terreno sopra il quale costruire questa reale alternativa allo "spettacolo" attuale? E' difficile dare una risposta a questa domanda. Forse si può dire un timido sì. Si tratta di coniugare l'invito alla scelta di partiti e personaggi capaci di interpretare questi grandi obiettivi con l'accoglienza della voce potente che giunge dalle sempre più numerose manifestazioni di base che a livello mondiale stanno invocando la pace, il rispetto dei diritti, la salvaguardia della Natura.

venerdì 14 novembre 2025

Una Sacra Conversazione assai originale

 

Una speciale Madonna, con Gesù bambino e Giovanni Battista. Dipinta alla fine del XV secolo, è un'immagine piena di dolcezza. Maria, con sguardo malinconico, sembra tenere con qualche difficoltà il figlio che tenta di svincolarsi, forse per scendere e giocare con l'amico, poco più grandicello di lui. Giovanni sembra quasi chiamarlo e lo indica con la mano, così come farà all'inizio della vita pubblica additandolo come l'Agnello di Dio. Per ora sono solo dei bambini e la loro conversazione effonde un senso di gioia, di speranza, un tocco di allegria. La Madre, molto bella e molto semplice, è del tutto diversa dalla creatura angelicata che si incontra normalmente nelle pitture del Rinascimento. C'è una particolare cura nel tratteggio del vestiario, nella sottolineatura delle forme femminili e nei suoi occhi che sembrano presagire qualcosa che ancora ha da accadere. Il bimbo, nella manina che accarezza il collo della mamma, tiene una specie di piuma, forse una palma, un simbolo arcano di un destino di sofferenza e di morte, ma anche di impegno e di risurrezione. E' una scena affascinante, così come avvolta in un alone di mistero. Chi ha dipinto in modo così poco tradizionale? Che messaggio ha voluto trasmettere? E' difficile dare una risposta certa, c'è qualcuno che ha voluto vedere addirittura la mano di Leonardo da Vinci. Ah già, dove si trova? Questo ve lo dirò un'altra volta...